Il CAI TAM Tutela Ambiente Montano- sezione di Massa promuove una grande manifestazione il 4 gennaio 2020 per dire basta alle cave.
Le Alpi Apuane rischiano di scomparire e con loro tutto il mondo ipogeo che le caratterizza e le rende “montagne d’acqua”.
Per questo la Commissione Ambiente del CAI di Massa si fa promotrice di un’azione di informazione, studio e lotta per salvaguardare le Alpi Apuane, aderendo alla manifestazione del 4 gennaio 2020 per dire basta alle cave.

Apuane basta cave
SOS Aronte manifestazione in Apuane

La manifestazione contro le cave del prossimo 4 Gennaio è solo l’ultima delle battaglie che da anni ambientalisti, speleologi, associazioni, enti, Comuni, imprenditori e anche abitanti, con 80mila firme raccolte nei Comuni del Parco, combattono su fronti diversi per proporre un modello di sviluppo economico alternativo alle cave nel delicato territorio delle Alpi Apuane.

Anche Italia Nostra ha aderito alla grande manifestazione del 4 gennaio che partirà alle ore 16 a Massa con ritrovo e partenza da piazza De Gasperi, per fermare l’apertura di sette nuovi siti di escavazione attraverso i piani attuativi in approvazione, piani previsti dal Pit allo scopo di disciplinare e ridimensionare l’attività estrattiva nel Parco delle Alpi Apuane.
La battaglia coinvolge anche lo storico bivacco Aronte, a 1.600 metri di altezza sul Monte Tambura, il rifugio più antico delle Apuane (1902) che, allo scopo di favorire la riapertura della cava al passo della Focolaccia, è stato inserito in classe acustica industriale.

Questa la dichiarazione di intenti della manifestazione a che vede il CAI TAM sezione di Massa in prima linea:

MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MASSA PER DIRE BASTA ALLE CAVE

Le Alpi Apuane rischiano di scomparire e con loro tutto il mondo ipogeo che le caratterizza e le rende montagne d’acqua.
Per questo la Commissione Ambiente del CAI di Massa si fa promotrice di un’azione di informazione, studio e lotta per salvaguardare le Alpi Apuane.

– Le Alpi Apuane si possono solo amare e non distruggere
– Sono un patrimonio culturale e naturalistico di incomparabile bellezza e vanno preservate e mantenute integre per le generazioni future
– L’escavazione, in particolare quella che non rispetta le regole, mette a rischio non solo la montagna, ma tutto l’ecosistema Apuano, in primis il sistema acque
– Il diritto al lavoro e la cura dell’ambiente non sono imprescindibili tra di loro, ed il primo non va considerato soltanto per quanto riguarda l’attività estrattiva, ma anche per tutte le numerose attività turistiche che si svolgono solo grazie ad un ambiente protetto e integro

In questi giorni le Alpi Apuane stanno subendo uno dei più grandi attacchi della loro storia: non si può rimanere indifferenti davanti a questo scempio

VI INVITIAMO TUTTE E TUTTI A SCENDERE IN PIAZZA CON NOI IL 4 GENNAIO
PIAZZA DE GASPERI (piazza del tribunale)- MASSA ORE 16.00
(TAM Cai Massa “Elso Biagi”)

Sarà l’inizio di un lungo percorso, soltanto uniti abbelliremo l’universo!

:x:: No violenti
:x:: No bandiere di partiti politici
:white_check_mark:: Si presi bene

https://www.facebook.com/events/2571417036421821/

La situazione delle cave in Apuane
Secondo un censimento dell’Università di Siena-Centro di Geotecnologie effettuato tra il 2018 e il 2019, sulle Alpi Apuane esistono «165 cave attive e 510 inattive ma potenzialmente riattivabili».
L’80% di queste cave è circondato dall’area tutelata del Parco regionale istituito nel 1997 per «perseguire il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali mediante la tutela dei valori naturalistici, paesaggistici e ambientali con equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistema».

Negli ultimi 20 anni si è cavato dalle Apuane più che nei 2.000 anni precedenti: ogni anno sono spariti un milione e mezzo di metri cubi di marmo. L’industria estrattiva in mano ad alcune multinazionali, affermano Legambiente, Italia Nostra, Wwf e l’onlus Gruppo d’Intervento Giuridico, è molto redditizia ma solo per i pochi titolari delle attività estrattive. Fra questi spicca la famiglia Bin Laden che con la sua Cpc Marble & Granite Ltd ha acquistato nel 2014 il 50% della Marmi Carrara, sborsando alle 4 famiglie proprietarie 45 milioni di euro.

Lo scorso Agosto, una delegazione Unesco ha visitato le Alpi Apuane, al fine di decidere se il Parco potrà ancora fregiarsi del titolo di Geopark Unesco. Tale decisione sarà resa nota a primavera 2020.

Secondo la direzione del Parco il problema non esiste: «Le zone contigue di cava rappresentano meno del 4% del totale del Parco. Il restante è tutelato».
Ma l’Amministrazione del Parco, nel consentire le attività estrattive nelle «aree contigue di cava» adiacenti il Parco, non avrebbe tenuto conto dei tanti vincoli ambientali, compreso quello paesaggistico, previsto dall’art. 142 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio che tutela «le zone del Paese in cui sono situati laghi, fiumi, torrenti, corsi d’acqua, cicli glaciali, parchi, boschi e zone a interesse civico e archeologico».

Le Grotte
Le Alpi Apuane custodiscono un patrimonio sotterraneo inestimabile, costituito da circa 1350 grotte che con i loro grandi sistemi sotterranei alimentano tutte le sorgenti comprese tra la Garfagnana, la Lunigiana e la Versilia, per un’area di 653 chilometri quadrati. Alcune tra le più grandi grotte d’Italia si sviluppano sotto il Monte Corchia, la Tambura, la Carcaraia.
Le tre grotte turistiche, Antro del Corchia, Grotta del Vento e Grotta di Equi, sono solo la punta dell’Iceberg di un colossale sistema carsico, con 35 grotte profonde oltre 500 metri.
Tutte le grotte rappresentano un serbatoio d’acqua molto vulnerabile, e le cave di marmo sono il principale pericolo per le risorse idropotabili e per le grotte stesse.
A causa dello sfruttamento intensivo delle montagne, le cave in sotterraneo lambiscono e inquinano le grotte e la falda acquifera.
Nonostante gli sforzi e i monitoraggi di ARPAT, frequente è il rilevamento di marmettola in grotta. Entro il 2020 un monitoraggio dell’ARPAT valuterà l’impatto dell’inquinamento da marmettola di origine antropica sugli acquiferi carsici e nelle sorgenti.

Cava della Focolaccia
Il rifugio Aronte e la Cava della Focolaccia

Il Rifugio Aronte
Il rifugio Aronte, storico rifugio del Monte Tambura, è situato a 1600 metri di quota, all’interno di un area ZPS.
Il Comune di Massa, responabile della classificazione acustica del territorio comunale, lo ha classificato in zona acustica di tipo IV, cioè “industriale” per permettere la riapertura della adiacente cava della Focolaccia, chiusa da decenni.

“L’Aronte è la sentinella delle legalità e sarà oggi la cartina di tornasole che ci permetterà di verificare quanto interessa il rispetto della legge ai nuovi consiglieri comunali e quanto la distruzione del territorio a vantaggio di pochi”” ha dichiarato Franca Leverotti, docente universitaria ed esponente di primo piano delle associazioni ecologiste Italia Nostra e Gruppo d’intervento giuridico.

Fonti:
https://www.lanazione.it/massa-carrara/cronaca/aronte-apuane-1.4959058
https://www.facebook.com/events/2571417036421821/
http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2019/cave-apuane-studio-sullorigine-dellinquinamento-da-marmettola
http://speleo.it/catastogrotte/wp-content/uploads/2019/05/2019_poster_regione_toscana.pdf

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