Nel 1970, un gruppo di scienziati sovietici iniziò un’impresa senza precedenti: perforare la crosta terrestre fino a raggiungere una profondità mai esplorata prima.

Il loro obiettivo era di studiare la geochimica e la geofisica delle rocce più antiche del pianeta, presenti nella penisola di Kola, nel nord-ovest della Russia.

Il progetto, chiamato pozzo superprofondo di Kola, durò 25 anni e stabilì un record mondiale di profondità verticale: 12.262 metri.

Per raggiungere questo risultato, gli scienziati dovettero affrontare numerose difficoltà tecniche, scientifiche ed economiche.

La strumentazione utilizzata per la perforazione, simile a quella dei pozzi petroliferi, si consumava rapidamente a causa delle alte temperature e delle pressioni esistenti a quelle profondità.

Inoltre, le rocce tendevano a chiudersi sul foro, rendendo necessario l’uso di fluidi per mantenerlo aperto.

Durante la perforazione, i ricercatori prelevarono dei cilindri di roccia, chiamati carote, per analizzarne la composizione e la struttura.

Questo processo richiedeva molto tempo e precisione, ma consentiva di ottenere informazioni preziose sulle caratteristiche della crosta terrestre.

Il pozzo di Kola portò a scoperte sorprendenti e inaspettate.

Per esempio, si scoprì che le rocce a quelle profondità contenevano acqua, intrappolata tra le fessure e le fratture.

Si scoprirono anche dei fossili di microscopici organismi marini, risalenti a milioni di anni fa, che testimoniano le antiche trasformazioni della superficie terrestre.

Si constatò inoltre che la variazione di temperatura con la profondità non era lineare, ma molto più elevata di quanto previsto.

A 12 km di profondità, si misurarono 180 gradi Celsius, invece dei 100 gradi ipotizzati.

Questa temperatura, insieme al crollo dell’Unione Sovietica e alla mancanza di fondi, pose fine al progetto nel 1995.

Il pozzo di Kola rimane oggi un simbolo della sfida umana di conoscere l’interno del nostro pianeta, che è ancora molto misterioso e difficile da esplorare.

Come scrive il geologo Andrea Moccia nel suo libro “Un tesoro al piano Terra – La geologia che non ti aspetti”, conosciamo più lo spazio extra-terrestre che l’interno della Terra, perché la profondità è sinonimo di difficoltà di accesso.

Per perforare la Terra, infatti, dobbiamo attraversare roccia, non aria o spazio vuoto, e affrontare temperature e pressioni sempre più elevate, che mettono alla prova i nostri materiali, la nostra tecnologia e le nostre tecniche.

La profondità è come un muro per la nostra conoscenza, che si fa sempre più alto e resistente man mano che cerchiamo di spingerci oltre.

Ecco perché non riusciamo a prevedere i terremoti, le eruzioni vulcaniche, le inversioni del campo magnetico, perché i loro meccanismi di innesco avvengono in profondità.

La geologia è la scienza che studia la Terra, la sua origine, la sua evoluzione, la sua struttura, i suoi fenomeni.

È una scienza fondamentale, che non solo ha costruito la nostra modernità, ma ne garantisce l’esistenza stessa, fino a insinuarsi nella vita di tutti i giorni.

Solo che noi non lo sappiamo, o meglio, non lo sapevamo prima di leggere questo libro, che ci racconta la geologia che non ti aspetti, in maniera semplice, divertente e immediata. Insomma, pop! Se invece non vi siete mai chiesti nulla di tutto ciò… be’, dovreste iniziare a farlo!

Fonte: GeoPop

Libro di Andrea Moccia: https://www.amazon.it/tesoro-piano-Terra-geologia-aspetti/dp/8830901350

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