La Professoressa Mara Loreti di Gualdo Tadino, già docente di Matematica e Scienze presso la Scuola Media “Storelli” di Gualdo Tadino, socia fondatrice della pionieristica Associazione Naturalistica Gualdese e del Gruppo Speleologico Gualdo Tadino, prima, e della locale sezione del W.W.F., poi, dopo essersi impegnata, per qualche tempo, nel partito dei Verdi per l’Umbria, all’età di sessant’anni ha coronato, durante il corrente anno 2012, il giorno 11 aprile, un suo vecchio sogno: quello di diventare Dottore di Ricerca.
“Condiviso tra due Università, Modena e Camerino, il Dottorato – dice la Loreti – si è concluso ottimamente, con grandi ed interessanti scoperte per la Scienza. È stato lungo e faticoso, anche perché funestato da gravi e tristi lutti in famiglia. Ma i miei, ora in Cielo, ci tenevano talmente tanto, soprattutto mio papà Sestilio, che ha raccolto tutte le sue energie per arrivare fino in fondo. Dedico a loro il mio lavoro che verrà pubblicato ed aprirà altre strade per ricostruire il passato di questo azzurro pianeta, per conoscere le nostre origini”. Mara Loreti ha svolto Il suo corso di Dottorato presso l’Università degli Studi di Camerino, School of Advanced Studies – School of Sciences and Technology-Geology Division – PhD course in Earth Sciences – XXIV ciclo, discutendo una tèsi dal titolo: La ricostruzione paleoclimatico-ambientale dell’Appennino umbro-marchigiano, durante il Pleistocene Medio e Superiore, attraverso lo studio dei depositi in Grotta. Suoi illustri tutors sono stati i Professori Piero Farabollini ed Anna Maria Mercuri ed il Dott. Pietro Paolo Pierantoni. Il lavoro di ricerca sul campo di Mara Loreti, si è incentrato sulla palinologia, cioè sullo studio comparato dei pollini fossili, rinvenuti in due distinte grotte dell’Appennino umbro-marchigiano: Frasassi (AN) e Caprelle (MC), mentre per quello in laboratorio, Mara si è spostata tra l’Università degli Studi di Camerino – Scuola di Scienze e Tecnologia, sezione Geologia, e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Laboratorio di Palinologia e Paleobotanica – Dipartimento di Biologia, Facoltà di Bioscienze e Biotecnologia.
“Che le grotte fossero conservative – spiega Mara Loreti – lo avevo scoperto, quasi per caso, come speleologa dal lontano 1979, andando in grotta e trovando i resti fossili di animali tra i detriti depositati sul fondo, sulle pareti dei pozzi e dei cunicoli. La curiosità si spostava dal macroscopico femore all’idea di poter cercare quanto di più piccolo in quei tanti fanghi, umidi e colorati, l’acqua avrebbe potuto trasportare: un granulo di polline di qualche pianta del passato che, grazie alla resistente sporopollenina dell’esina, ci avrebbe potuto dare informazioni sulle piante che avevano ricoperto il territorio appenninico nei tempi a noi lontani.
Dalla ricerca palinologica si attendeva anche un decisivo contributo per  poter  interpretare la deposizione dei “tanti” fanghi nel Complesso di Frasassi, con la presenza di elementi estranei provenienti dall’ambiente esterno, come il polline. La scoperta, per la prima volta, della presenza del polline avvalora la tesi della provenienza dei sedimenti alloctona e non  residuale autoctona.
Per il Complesso di Caprelle è stato inoltre possibile, grazie anche alle datazioni Th/U degli speleotemi e alla ricostruzione delle cronologie relative dei depositi, dare un contributo all’attribuzione cronologica del complesso.
La correlazione delle analisi palinologiche con i dati geomorfologici e geocronologici ha pertanto consentito di inserire i depositi in un inquadramento climatico e cronologico (Pleistocene superiore, II glaciazione di Wurm 80/100 Ka (mila anni).
La ricerca è iniziata con la raccolta dei campioni nel Complesso di Frasassi ed è stata realizzata con la collaborazione del Gruppo speleologico AL.VA.P. di Pioraco e del geologo/speleologo Sandro Galdenzi. In questo enorme complesso carsico, per raccogliere i campioni sono state effettuate numerose uscite.
Il Complesso di Frasassi ha restituito un’età antica dal primo Pleistocene al tardo Pleistocene con la flora ricca di taxa antichi, relitti termofili del tardo Terziario, ricoprendo un periodo di circa 600 Ka (mila anni) dall’interglaciale di Gunz-Mindel al Glaciale Riss III, Tardo Pleistocene medio.
Attraverso lo studio di questi due complessi di grotte, dunque, la presente ricerca intende dare un contributo alla conoscenza della genesi, dell’evoluzione carsica e della ricostruzione paleoclimatica e paleoambientale dell’area carsica nel territorio umbro-marchigiano.
Durante le tante uscite nella Grotta grande di Caprelle è stato rinvenuto, nelle vaschette di fondo, un collembolo, una specie nuova del genere Deuterophorura classificata come Deutorophorura caprellanea (FANCIULLI et al., 2010), presso l’Università di Siena.
“Vado in grotta da tantissimo tempo – scrive Mara – ricerco polline dai tempi della mia tesi di laurea e reperti ossei, e la fauna ipogea che le abita, in fondo non ho mai capito perché lo faccio, ma ancora lo faccio e sempre con la stessa passione. Credo che fare ricerca scientifica e consumare tute da speleologo in grotta siano fatiche piuttosto simili che danno un senso alle mie giornate, alla mia vita”.
“Come Commissario d’esame e di valutazione della Tesi è stato chiamato – afferma, con giustificato orgoglio, Mara Loreti – il Prof. Paolo Forti, docente di Speleologia e Geologia presso l’Università di Bologna con il quale ho partecipato per la parte palinologica al Gruppo di Ricerca multidisciplinare internazionale, composto da 10 università coordinate dall’Università di Bologna e Torino per lo studio della famosa e unica grotta al mondo, Cueva de los Cristales di Naica (Messico). Un geode riempito da colonne di selenite (gesso) anche di 14 metri! Il lavoro palinologico ha portato un grande contributo alla conoscenza e alla attribuzione cronologica della grotta dei cristalli ed ha rappresentato la prima scoperta di polline all’interno dei cristalli stessi!”.
Mara, tuttavia, ci tiene anche a ricordare che la prima grotta da ella studiata, sotto il punto di vista palinologico, è stata la grotta di Buco Bucone, sul Monte Serrasanta di Gualdo Tadino, da lei stessa precedentemente scoperta. “Ora – come le ha detto il Prof. Paolo Forti – non credere, ragazza, di metterti a riposo!”… Mara, difatti, ha ancora talmente tante grotte che l’aspettano! “Ho già pronti – dice – i fanghi della mitica Grotta di Monte Cucco, palestra della mia carriera da speleologa, provenienti dal profondissimo Gitzmo e della Grotta del Tratturello, scoperta, quattro anni fa, nel Parco Nazionale d’Abruzzo e Molise… non ho la benché minima intenzione di staccarmi da questo buio mondo sotterraneo!”

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