di Marina Abisso

Come nasce una grotta: la ricerca, dal 2020, di un complesso carsico alle porte di Spezia

ALLA RICERCA DELLA PALADINA

Oltre 900 metri di sviluppo. Ci sono posti dove le grotte sono larghe, grandissime, splendide. E poi c’è la Liguria.

Ogni Gruppo Speleologico ha le sue fissazioni: gli speleologi dello Speleo Club Ribaldone, ad esempio, setacciano Spezia alla ricerca della grotta Paladina.

Partendo dagli albori, nel 1973 alcuni speleologi dei Pipistrelli, storico gruppo poi confluito del Gruppo Speleologico Lunense, schizzano a memoria in scala approssimativa la Paladina, vicino Spezia, in località Coregna, patria dei celebri ravioli, con sviluppo approssimativo di 45 metri e dislivello negativo di 18.

Sono presenti Emanuele Melilli, Vaman Costa ed altri valenti speleologi. Melilli redige la scheda catastale e colloca la cavità con precisione vicino a una strada di cava. La grotta è inserita nel Catasto delle cavità sotterranee naturali della Provincia della Spezia, a cura del giovane Matteo Barbagelata, inserito nelle “emorie della Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini” nell’anno 1985.

Il volume, che raccoglie ed elenca le cavità carsiche della provincia della Spezia, con una bibliografia speleologica completa, per gentile concessione dell’Accademia Cappellini (nell’ambito della quale, nel 1951, il Gruppo Speleologico Lunense è nato come gruppo di lavoro speleologico e scientifico di alto livello) è disponibile nella bibliografia del Gestionale Speleologico Ligure (https://www.catastogrotte.net/liguria/it/bibliography/view/961/).

Qui, tra sprugole, ripari, grotte, fosse e buchi, pozzi, antri e tecce (tecchie), al numero 1208 figura la Paladina, individuata con sezione, pianta e coordinate nello spazio. Tuttavia, di essa si perde la memoria per quasi 40 anni, finché nel 1998 lo stesso Melilli, con l’aiuto di Angelo Cabigliera, memoria storica locale, va a cercarla e la ritrova: ne parla un articolo del Secolo XIX, a firma dello storico Luciano Bonati, che immortala con una foto il ritrovamento della grotta, che a breve, però, viene di nuovo dimenticata.

Nel 2019, il Ribaldone inizia a “battere” la zona della Castellana. Sopra Spezia e vicino Campiglia, in cerca di grotte a colpi di cesoie e machete, come ogni gruppo speleo che si rispetti. E, iniziando a leggere, torna la memoria della Paladina, e la speranza di ritrovarla.

Si apriva sul versante della Castellana rivolto a Coregna. L’ingresso non emerge da nessuna parte. Si scopre, invece, grazie al tenace direttore tecnico, Alessandro Vernassa, la prima delle grotte locali, subito intitolata ad Emanuele Melilli.

Poco dopo, ecco Ultimo Orizzonte, così chiamata dal titolo del libro “L’ultimo orizzonte” di Amedeo Balbi. “Rubiamo spazio al buio”, per parafrasare l’autore. Cosa sappiamo dell’universo? Ben poco. Ma poco anche delle grotte, visto che – cerca e cerca – la Paladina non esce fuori.

La scoperta di Ultimo Orizzonte – Alessandro Vernassa

C’è aria, la direzione della frattura è sempre quella. Ci sono pozzi e molte deviazioni. Il Covid ferma tutto, ma appena possibile il Ribaldone riprende ad esplorare. Ecco la Grotta del Marchese, 40 metri vicino ad una cava dismessa.

Nel 2020 il Ribaldone compie 50 anni: la congiunzione Ultimo-Melilli è il regalo per il primo mezzo secolo, in piena estate, durante un campo stanziale, ospiti degli amici Lunensi nella loro suggestiva sede, l’Opera Mista Castellazzo – batteria orientale (il “Fortino deli Speleo”): 400 metri di sviluppo.

Si scopre una nuova grotta, dalla poligonale parallela all’asse Mellilli-Ultimo, impostata in una frattura parallela alle altre due grotte: a catasto sarà la Grotta Vaman, in ricordo di Vaman Costa, incontrato davanti alla Grotta del Marchese. Ricordava di essere stato nella Paladina, ma non dove la cavità si trovasse (accidenti).

Un terzo ingresso di quello che sta diventando un complesso carsico, tutto attorno ad Ultimo Orizzonte, è la Buca del Compleanno, con resti di Ursus Spelaeus nella breccia ossifera.

La zona è battuta palmo a palmo: dove dovrebbe essere, la Paladina: non c’è`. Buchi che si allargano e soffiano e sicongiungono, motosega e machete in azione. Parti di un anticoe dimenticato percorso che andava forse a Coregna. Risalite e sacchi d’aria, a volte decine, a volte centinaia di metri, un possibile inghiottitoio nel rio Caporacca, ormai asciutto e pieno di spazzatura: a 600 metri di distanza ed a 100 metri di dislivello.

Tra strettoie e frane, il groviglio di rami e rametti arriva a superare i 700 metri di sviluppo.

La lunghezza della poligonale diventa in breve di 770 metri, più 30 di Vaman: 800, bingo!

Con il tracciamento aereo: dopo venti minuti dall’immissione, si registra una leggera fluttuazione. Purtroppo nell’inghiottitoio la quantità d’aria è molto scarsa.

Le tracce del passaggio dei predecessori degli anni 60 sono molteplici: Superpila d’epoca, una torcia, un casco incastonato nella frana. Non si trova, invece, l’accesso da dove sono entrati: c’è qualcosa che non è stato ancora visto.

Nel 2021, nuovamente ospiti del Gruppo Speleologico Lunense (che intanto festeggia i propri 70 anni), cercando altre grotte scomparse (sta diventando un hobby), quali la Bissona e Capoaca, la sorte spinge il Gruppo all’incontro con persone speciali che danno accesso a grotte meravigliose che si erano nascoste nel passato: Giovanna, subacquea improvvisata speleo e la Nympharum Domus (un gioiello che ricorda – in scala – il Buio del Finalese, in scala), Ugo, amante del vino rosso e dei ricordi, e la Grotta della Madonna, numero 1 nel Catasto Ligure. Nella ricerca, escono fuori altre grotte, ma della Paladina nessuna traccia.

Nel 2022, un quarto ingresso, la Grotta Luciano, con resti di Orso delle caverne: un’ordinata disostruzione e il complesso Melilli Ultimo si allarga oltre i 900 metri, ora rilevati con esattezza.

Grotta Luciano – Femore di Ursus Spelaeus (esemplare giovane) – Marina Abisso

Ci sono posti dove le grotte sono larghe, grandissime, splendide. Passaggi ampi e vertiginosi. Traversi su decine e decine di metri di vuoto: total vacuum. Freddo, acqua, fango, spazio, profondissimo buio.

E poi c’è la Liguria, che non ha la grigia asprezza e l’estensione della Grigna dai tramonti infiniti, né la maestosità delle Apuanedalla pietra bianca e marrone con sfumature lisciate dallo scorrimento dell’acqua, né il cinereo calcare del massiccio del Marguareis e delle “radici del cielo”, per citare Andrea Gobetti.Qui siamo alle porte della bella Spezia, con vista sul Golfo dei Poeti: un’estensione quale quella del piccolo complesso qui stupisce, ma altrove sarebbe modesta. 

Ancora, in un’uggiosa domenica di metà novembre, emerge unanuova grotta: da disostruire, dove porterà?

La speleologia è questione di voglia, di luce, di compagnia, e anche, ma non solo, di terra, polvere, fango e immaginazione. Tira aria…da dove soffia l’aura magica e da sogno che anima la speleologia? Forse nel non voler cercare a tutti i costi paradisi perduti. Certo nel trovare fantastico un paesaggio normale, grigio e quasi banale, perché unico e irripetibile: basta guardarlo con la luce giusta.

Soprattutto se dentro resta la curiosità, accanto ci sono persone amiche, e lì attorno, magari, il mare, come accade a Spezia. 

Si troverà la Paladina: è solo questione di tempo, e di sogni: iIfinale della storia è già scritto nella roccia.

Marina Abisso

Speleo Club Ribaldone

20/12/2022

Fonti:

• Speleo Club Ribaldone http://www.ribaldone.altervista.org/

• Catasto Speleologico Ligure https://www.catastogrotte.net/liguria/index.php

• Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini https://www.accademiacapellini.it/

• Catasto delle cavità sotterranee naturali della Provincia della Spezia – MEMORIE DELLA ACCADEMIA LUNIGIANESE DI SCIENZE GIOVANNI CAPELLINI. VOL. XLVIII – L (1978-1980), SCIENZE NATURALI, FISICHE E MATEMATICHE – Giovanni Barbagelata 

 

Foto 2: Melilli –Henry De Santis

Foto 3: Melilli: verso la congiunzione – Alessandro Vernassa

Foto 4: Buca del Compleanno – Marina Abisso

Foto 6 Grotta Luciano – concrezioni – Marina Abisso