Notizia apparsa su “Repubblica” e segnalata sulla mailing list speleo.it da Mauro Chiesi
MIRACOLO ad Agrigento, la città senz’acqua. L’acqua invece c’è. Ed è, manco a dirlo, buonissima. Le vene del sottosuolo, pochi chilometri dal centro abitato, sono gonfie: “Caratteristiche perfette, una oligominerale adatta al consumo di tutta la famiglia”. Bellissimo, no? “Acqua gustosa, dissetante, gradevole, con un equilibrato contenuto di sali minerali”, è stato comunicato, documentato e infine certificato.
La Regione Siciliana, tirando un sospiro di sollievo, ha finalmente deciso di dare il via alla migliore captazione di questo tesoro. Ha dunque concesso alla Nestlè, la multinazionale che controlla il gruppo San Pellegrino, che a sua volta ha appena acquistato il marchio della Platani Rossini srl, il
permesso di raggiungere nell’arco di un quinquennio la produzione di 250 milioni di litri: dagli attuali 16.500 pezzi l’ora agli oltre 46 mila pezzi previsti e pianificati. Acqua per tutti, dunque.

L’amministratore delegato della San Pellegrino Marco Settembri è entusiasta: “E’ buona come la nostra Nestlè Vera, tra le più bevute (sgorga da una fonte veneta). Il nostro obiettivo è sostituire questo brand conquistando con il nuovo marchio oltre il 50 per cento dei consumi dell’isola”.

A pagamento, ma finalmente un’acqua tutta siciliana, veramente. “Vera Santa Rosalia” la nuova etichetta. Pochi euro a cassetta, trentatrè centesimi a bottiglia, e Santa Rosalia entrerà nelle case di Agrigento: leggera, abbiamo già detto gustosa, lievemente gassata. Buona per piccoli e per grandi.

Che le cose vadano per il meglio è desumibile da una seconda obiettiva considerazione: adesso gli agrigentini possono vedere scorrere l’acqua dai loro rubinetti anche per qualche ora ogni due giorni. Se va male ogni otto giorni: performance eccezionali a fronte di ciò che capitava appena qualche anno fa (quattro ore d’acqua ogni diciotto giorni). Non c’è casa che non abbia il proprio contenitore autonomo sul tetto, e non c’è elettore che non sappia che l’acqua dal rubinetto non fa bene al corpo: è buona norma bollirla prima di usarla nei consumi domestici. Potabile? Esagerati.

E però nel tempo, grazie agli oculati investimenti pubblici, le novità ci sono state e adesso si vedono: fino a pochi anni fa la clorazione dell’acqua nei serbatoi era somministrata secondo il calcolo che, de visu, decideva u’ funtanieru, il fontaniere. Personaggio mitico della città. Portava taniche di cloro, valutava ad occhio la massa d’acqua e miscelava. Se andava bene, ok. Se andava male, e il più delle volte andava male, l’acqua non solo non era potabile ma sinceramente schifosa. Oggi non è più così: tutto in automatico, a norma di legge.

La notizia dell’ampliamento della concessione alla Nestlè ha comunque reso frenetica e turbolenta l’attività del sindaco di Santo Stefano Quisquinna, distante quaranta chilometri dal capoluogo, il cui territorio custodisce il tesoro. Proteste, blocchi, interrogazioni parlamentari. Non era in
discussione la scelta di affidare alla Nestlè, invece che ad Agrigento, l’acqua che c’è, quanto il timore che la multinazionale con le sue macchine scavi troppo e troppo in profondità e prosciughi presto le vene sorgive. Con un’interrogazione Angelo Lomaglio, deputato di Sinistra democratica, ha appena denunciato al ministro dell’Ambiente che è dimostrata “la pericolosità dei prelevamenti acquiferi perché costituirebbe un’ulteriore diminuzione della riserva, già notevolmente danneggiata, ed arrecherebbe non pochi problemi alla popolazione locale che non sarebbe più in grado di
approvvigionarsi e sarebbe costretta ad acquistare l’acqua”.

Dunque e ricapitolando: ad Agrigento l’acqua non c’è, ma a pochi chilometri di distanza sì. Che l’acqua ci fosse era cosa nota da decenni (la Montedison fece i primi rilevamenti), ma a nessuno è parso opportuno approfondire. Ha approfondito invece, e bene, la Nestlè che infatti ha chiesto lo
sfruttamento di questo bene introvabile laggiù. Ha approfondito così bene che i pochi comuni che si dissetano autonomamente nell’area del tesoro, rischieranno di finire anch’essi assetati. Per fortuna soccorre la politica commerciale della multinazionale: nell’isola, a differenza del resto
d’Italia, il prezzo sarà calmierato. Solo trentatrè centesimi la bottiglia.
Un affare.

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