Matej Husu - foto di Claudio Bratos

Un viaggio nella straordinaria scoperta speleologica al confine tra Italia e Slovenia. L’intervista di Alessandra Ressa a Matej Husu, con le immagini di Claudio Bratos

Introduzione

Ci sono storie che arrivano dal sottosuolo e parlano più forte di molte in superficie. Storie di passione, dedizione, amore per la natura e desiderio di scoperta. È il caso della Matejeva Jama, una grotta recentemente scoperta nel Carso sloveno e già considerata tra le più importanti del territorio degli ultimi decenni.

A condurre alla luce la Matejeva Jama è stato Matej Husu, giovane speleologo del Club di Sežana, che ha raccolto il testimone del padre e continua a esplorare le profondità della terra con rispetto e determinazione.

Le sue parole, raccolte da Alessandra Ressa, ci restituiscono lo stupore autentico di chi entra per primo in un luogo rimasto intatto per millenni.

Le fotografie di Claudio Bratos accompagnano l’intervista, raccontando con la luce ciò che le parole non sempre possono restituire: la grandezza, il silenzio e la bellezza delle profondità terrestri.

A seguire, l’intervista completa di Alessandra Ressa a Matej Husu – un documento che ci porta, con semplicità e passione, al centro dell’avventura speleologica più vera.

Scoperta una nuova grotta monumentale nel Carso sloveno

Intervista a Matej Husu, scopritore della “Matejeva Jama” – di Alessandra Ressa

«Le grotte sono l’ultima frontiera del nostro pianeta»

“Nel cuore del Carso, al confine tra Italia e Slovenia, a pochi chilometri da Trieste, la speleologia ha scritto un nuovo, importante capitolo. Matej Husu, speleologo sloveno del Club Speleologico di Sežana, ha recentemente scoperto quella che è già considerata una delle cavità più rilevanti del Carso degli ultimi decenni: la Matejeva Jama (Grotta di Matej). L’ingresso si trova in territorio sloveno, ma gran parte della cavità si estende sotto il suolo italiano, sollevando l’interesse – e le potenzialità – per future esplorazioni transfrontaliere.

Matej Husu – foto di Claudio Bratos

Abbiamo intervistato Matej Husu per conoscere meglio il contesto della scoperta, la sua esperienza da esploratore e le riflessioni su un mondo che rimane, ancora oggi, tra i più misteriosi e fragili del nostro pianeta.

Come si è avvicinato alla speleologia?

Sono nato e cresciuto a Orlek, un piccolo villaggio carsolino dove la natura è parte integrante della vita quotidiana. Ho 30 anni e lavoro in un’impresa edile stradale, ma la mia vera passione è la speleologia, che ho ereditato da mio padre, Ludvik Husu, speleologo con oltre 50 anni di attività alle spalle. Fin da piccolo partecipavo con lui agli incontri e alle esplorazioni. Dal 2014 sono membro attivo del Club Speleologico di Sežana.

Quante grotte ha scoperto finora?

Ho individuato circa 30 grotte, anche se non ho mai tenuto un conteggio preciso. Due sono particolarmente significative per me. La più recente è la Matejeva Jama, una grotta con un ingresso in Slovenia che si estende per circa due terzi in territorio italiano. Presenta un’ampia galleria scavata da un antico corso d’acqua sotterraneo che si apre in una sala imponente: 90 metri di lunghezza, 40 di larghezza e almeno 100 metri di altezza – il nostro laser di misurazione arriva solo fino a quella quota, quindi potrebbe essere ancora più alta.

Può descriverci le emozioni del momento della scoperta?

Abbiamo ampliato l’ingresso iniziale, e da subito si è avvertito un forte flusso d’aria, un vero e proprio “vento carsico” che ci ha fatto capire che sotto c’era qualcosa di grande. È stato un momento carico di adrenalina e stupore. Entrare per primi in uno spazio rimasto intatto per millenni è un privilegio indescrivibile. La sensazione dominante? Una gioia pura, difficile da spiegare.

Ci parla anche dell’altra scoperta rilevante, quella del 2022?

Si tratta di una prosecuzione nella Huslova Pe?ina, dove ho trovato resti fossili che si sono rivelati essere ossa di bisonte delle steppe risalenti a circa 30.000 anni fa. L’analisi degli esperti ha confermato l’importanza del ritrovamento, rendendo quel tratto della grotta un sito paleontologico di rilievo.

Che valore attribuisce alla speleologia, oggi?

Per me è molto più di un hobby: è un’attività che nutre l’anima. La speleologia unisce l’avventura alla ricerca scientifica, l’amore per la natura al rispetto per i suoi equilibri. Ogni grotta è un mondo a sé: un ecosistema delicato, spesso irripetibile, che custodisce informazioni geologiche, biologiche, climatiche e anche archeologiche di enorme valore.

Matej Husu – foto di Claudio Bratos

Negli ultimi anni, la Slovenia ha introdotto importanti restrizioni all’accesso a molte grotte. Cosa ne pensa?

La protezione è fondamentale. Le grotte sono ambienti fragili: una volta compromessi, difficilmente si possono ripristinare. Ogni intervento deve essere valutato con attenzione, sempre bilanciando il desiderio di esplorazione con la responsabilità di conservazione. La regolamentazione non è un ostacolo, ma uno strumento per garantire che anche le future generazioni possano scoprire e studiare questi ambienti intatti.

Cosa spinge uno speleologo a cercare nuove grotte?

L’ignoto è ciò che ci attira. Ogni nuova cavità è un enigma: ci può parlare di ere geologiche passate, di antichi mutamenti climatici, di forme di vita scomparse. La speleologia è una forma di scoperta ancora viva, una delle poche discipline in cui si può ancora dire: “nessuno è mai stato qui prima”. Ma non si tratta solo di esplorazione fisica: è anche una forma di conoscenza, di tutela, di connessione con le radici più profonde della Terra.

La scoperta di Matejeva Jama rappresenta non solo un evento speleologico di rilievo, ma anche un’opportunità per rafforzare la collaborazione scientifica tra Italia e Slovenia. In un mondo sempre più esplorato in superficie, il sottosuolo conserva ancora il potere della meraviglia e della scoperta. E speleologi come Matej Husu ci ricordano quanto sia prezioso ciò che si cela sotto i nostri piedi.”

Alessandra Ressa

Tra le pagine di Scintilena, una storia che ha già lasciato il segno

La scoperta della Matejeva Jama ha già suscitato grande interesse nella comunità speleologica, tanto che Scintilena le ha dedicato un primo approfondimento lo scorso aprile, definendola “un nuovo gioiello nascosto del Carso” (Link diretto: https://www.scintilena.com/la-matejeva-jama-il-nuovo-gioiello-nascosto-del-carso/04/27/).

Oggi, con l’intervista completa di Alessandra a Matej Husu e le immagini di Claudio Bratos, possiamo entrare ancora più in profondità nella storia della straordinaria scoperta.



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