Dopo un esauriente excursus critico delle diverse ipotesi sulla origine storica di Fermo e sulla etimologia del suo nome, formulate da storici e studiosi nel corso dei secoli, la pubblicazione descrive analiticamente le tecniche di architettura e di ingegneria idraulica usate dai Romani per costruire le strutture funzionali alla vita delle loro città, con particolare riferimento alle cisterne ed agli acquedotti per raccogliere, conservare e distribuire nel tessuto urbano le risorse idriche, prevalentemente piovane.
Lo Spagnoli, poi, affronta con ricchezza di particolari e con grafici, planimetrie e fotografie la descrizione delle famose “Grandi Cisterne romane” che si trovano a Fermo in via degli Aceti e delle “Piccole Cisterne”, che sono all’ingresso di Piazza del Popolo e sulle quali poggia parte del Palazzo Comunale.
Ne descrive la struttura architettonica, il materiale usato per la loro costruzione e per la conservazione delle acque piovane, nonché le modalità della loro diramazione nel tessuto urbano e le diverse utilizzazioni che le Cisterne hanno avuto nel corso dei secoli.
Vengono esaminate anche le modalità di immissione (le bocchette) delle acque nelle Cisterne e della loro emissione e distribuzione con particolari condutture nel territorio cittadino.
Ma oltre a queste due Cisterne, note ai Fermani e apprezzate dai turisti, ne descrive altre tre di recente ricognizione speleologica, fatta dal Gruppo Speleologico Cavità Artificiali del CAI di Fermo.
La prima è il cosiddetto “Pozzo del tempio pagano”, sotto la chiesa paleocristiana nella Cattedrale del Girfalco: ha una profondità di 12 metri ed un diametro tra gli 80 e i 90 centimetri.
Sul fondo del Pozzo si diramano due cunicoli ortogonali: uno verso Nord e l’altro verso Sud.
Lo Spagnoli, a differenza di altri studiosi, sostiene, in base ai rilievi effettuati, che il Pozzo avesse funzione solo di cisterna e che non alimentasse le “Grandi Cisterne romane”.
L’altra cisterna scoperta nel 1927, durante i lavori del serbatoio del Consorzio Idrico, si trova all’estremità Est del Girfalco ed era alimentata molto probabilmente dalle acque piovane.
La terza cisterna è quella del cosiddetto Teatro Romano, sul versante Nord del Girfalco, in via del Teatro Antico.
E precisamente nei sotterranei del Collegio degli artigianelli di don Ricci, si conserva un vano nel quale doveva insistere una piccola cisterna epuratoria, che era alimentata dall’acquedotto sotterraneo proveniente dal sottosuolo del Teatro, come è risultato al Gruppo Speleologico del CAI di Fermo, attraverso il sopralluogo effettuato nel 1995.
In conclusione, il libro, oltre a dare nuove soluzioni a molti interrogativi archeologici e storici, non ancora pienamente risolti, relativi alla natura, alla costruzione e alle funzioni delle cisterne romane e degli acquedotti presenti nella città di Fermo, permette di comprendere meglio il ruolo che i Romani attribuivano alle città da loro fondate o sviluppate, ai cui abitanti volevano offrire servizi essenziali adeguati ai loro bisogni.

2 – Breve Biografia di Massimo Spagnoli

Risiede e vive a Fermo.
La sua più grande passione è fare lo speleologo: esplorare il sottosuolo per ricercare e scoprire “le radici” di ciò che esiste e si vede in superficie.
Coordina il Gruppo Speleologico Cavità Artificiali del CAI di Fermo ed accompagna i gruppi di escursionisti.
Ha scoperto, censito e catalogato tutti gli acquedotti romani e medioevali della città di Fermo.
L’attività di ricognizione si è estesa anche in molti paesi piceni.
Le sue ricerche e scoperte sono state raccontate in ben nove volumi ed in molti articoli in giornali e riviste marchigiane.
Tre sono le “specificità” delle pubblicazioni: raccontano ciò che lo Spagnoli ha visto e verificato personalmente; confrontano le sue tesi, ancorate agli elementi oggettivi delle realtà esaminate, con ciò che hanno detto nel corso dei secoli altri studiosi e storici; forniscono elementi storici di riferimento con una ricca e sistematica bibliografia.

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