L’interesse per i fenomeni glacio-speleologici del ghiacciaio austriaco cresce, ma la temperatura e l’acqua rendono l’esplorazione estremamente pericolosa.

Un’impresa estrema quella compiuta da un gruppo di speleologi italiani che, per tre giorni, ha percorso a piedi quaranta chilometri sull’Hintereis Ferner, il grande ghiacciaio austriaco delle Alpi Venoste.

Obiettivo della spedizione, la mappatura dei fenomeni glacio-speleologici presenti sul ghiacciaio, di cui si conosce poco l’evoluzione dal punto di vista dei fenomeni ‘speleo’.

I risultati sono stati sorprendenti: il ghiacciaio si presenta ancora maestoso nonostante la regressione, con una superficie di oltre 6 chilometri quadrati di ghiaccio ancora in buona parte bianco e scoperto dai detriti.

Ma la vera scoperta è stata la presenza di oltre 20 possibili obiettivi di esplorazione tra mulini e grotte subglaciali, alcuni dei quali di dimensioni mostruose.

Tuttavia, la spedizione è stata caratterizzata da notevoli difficoltà, soprattutto a causa dell’alta temperatura dello zero termico, che ha reso le grotte di ghiaccio pericolose per gli esploratori.

Inoltre, la presenza di acqua nelle grotte che entra già alle nove di mattina con una temperatura di circa 9° ha accelerato il processo di fusione del ghiaccio.

Nonostante ciò, la spedizione ha dimostrato l’estremo interesse dell’Hintereris Ferner dal punto di vista esplorativo, ma anche dal punto di vista della rapida evoluzione dei fenomeni innescati dalla separazione dei vari corpi glaciali.

L’autunno si preannuncia quindi come un’ottima occasione per tornare a esplorare questi affascinanti fenomeni naturali.

Ecco l’avvincente cronaca di Andrea Benassi con i particolari della spedizione:

Hintereis Ferner

Tre giorni, quaranta chilometri a piedi e sette speleo per farci una prima idea sulla situazione complessiva dei fenomeni glacio-speleologici attualmente presenti sull’Hintereis Ferner, il grande ghiacciaio sul lato Austriaco della Palla Bianca nelle Alpi Venoste.

Un corpo di ghiaccio che nonostante sia in regressione come tutti i suoi fratelli, si presenta ancora potente e maestoso. Una lingua lunga oltre cinque chilometri con una superfice di oltre 6 chilometri quadrati di ghiaccio ancora in buona parte bianco e scoperto dai detriti.

Un ghiacciaio che vanta una lunga storia di studi glaciologici, ma di cui conosciamo poco della sua evoluzione dal punto di vista dei fenomeni ‘speleo’.

Fenomeni che soprattutto in questi ultimi anni stanno accelerando la loro presenza in modo esponenziale.

Quando risaliamo la valle fino alla bocca glaciale, la prima cosa che mi colpisce è che il grande portale che si vedeva già da un chilometro di distanza è sparito.

Della bocca alta oltre 15 metri e larga almeno venti, non resta traccia.

Quella enorme struttura che avevo visto lo scorso novembre e di cui avevo assistito in diretta ad un parziale crollo, è stata completamente cancellata.

Ora il grande torrente glaciale, esce marrone e impetuoso dalla base di un grande seracco.

Già, lo zero termico è veramente alto, intorno ai 4200 metri, quindi anche sulla parte alta del ghiacciaio nessun rigelo notturno e i mulini e le grotte subglaciali fanno gli straordinari anche di notte!

L’estate non è certo la stagione ideale per andare a zonzo per grotte di ghiaccio che si stanno sciogliendo come granite al sole, ma ha l’indubbio vantaggio di mettere in mostra ogni potenziale obiettivo.

Dalle vallate laterali si riversano rivoli e torrenti, provenienti dai ghiacciai residui in quota: ogni punto dove quei torrenti incontrano il corpo glaciale è una possibile grotta subglaciale.

Una grotta che si sta scavando furiosamente ora grazie al potere termico dell’acqua che entra, una grotta ora difficilmente accessibile, ma che lo diventerà appena le temperature si abbasseranno.

Seguendo questo schema risaliamo il ghiacciaio e cominciamo a segnare ed in alcuni casi esplorare una infinità di grotte subglaciali (di contatto), alcune grandi, altre decisamente mostruose!

Ovviamente tutte ora ampiamente percorse da acqua che entra già alle nove di mattina con una temperatura di circa 9°, praticamente calda!

Talmente calda da generare nebbie di condensazione presso gli ingressi e accelerare ancora di più il processo di fusione del ghiaccio. Su tutte ci fermiamo su “continua ma c’è troppa acqua!”

La più lunga che riusciamo a percorrere la rileviamo per circa cento metri di sviluppo. Ovviamente dobbiamo tralasciare quelle decisamente più grandi, dove entrano fiumi con portate di circa 200-400 l/s.

Torrenti capaci di trasportarsi giù dalle pareti anche le pietre. Per questi mostri ci sarà tempo tra qualche mese! Poi appare lui “Gargantua”.

Da lontano sembra solo un enorme arco di ghiaccio, ma se ci va vicino e ti affacci, scopri che l’arco è solo un pezzetto di una mostruosa galleria di ghiaccio di oltre venti metri di larghezza e altrettanti di altezza, percorsa da un torrente furioso e che si dirige decisa nel cuore del ghiacciaio.

La osserviamo entrando da una galleria laterale, dall’alto di un ballatoio di ghiaccio, fissiamo la corda con una vite nel soffitto di ghiaccio: sotto una libera di venti metri atterra direttamente sull’acqua nel centro della galleria.

La corda c’è la voglia di scendere anche, ci pensiamo qualche minuto, poi prevale il buon senso e decidiamo di lasciar stare! Dal fondo della galleria tra il ruggito del fiume, ogni tanto risale anche il boato sordo degli enormi blocchi di ghiaccio che crollano dalle profondità.

Uno spettacolo che incute paura e rispetto. In autunno ci torneremo sicuramente per capire come l’estate ha trasformato Gargantua, ma come esplorarla con un certo grado anche minimo di sicurezza…. ecco questo non è ancora chiaro. Siccome non si vive di sole grotte subglaciali, perlustriamo fino a quota 3000 tutto il ghiacciaio a caccia di Mulini.

Alla fine ne conteremo oltre una dozzina, alcuni medi altri belli grandi e molto attivi! Anzi forse il più attivo è anche il più alto, aprendosi a quota ben 2950!

Quasi un record in quota per un mulino, che ancora una volta ci dimostra come l’innalzamento delle temperature stia spostando verso l’alto la fascia dove troviamo questi fenomeni.

Visto che corde e imbraghi ci sono ne scendiamo anche uno per i primi venti metri, giusto per verificare che con la portata di acqua che lo alimenta non ha nessuna intenzione di chiudere li sotto! Alla fine tra mulini e grotte subglaciali conteremo oltre 20 obiettivi che aspettano di essere esplorati e documentati.

Adesso non resta che aspettare i prossimi tre mesi e sperare in un autunno freddo! Come sospettavamo il ghiacciaio dell’Hintereis si dimostra estremamente interessante sia dal punto di vista prettamente esplorativo, che della rapidissima evoluzione dei fenomeni che la separazione dei vari corpi glaciali ha innescato.
Direi che il prossimo autunno abbiamo qualcosa da fare!

Hanno partecipato alla survey: Letizia, Sofia, Daniele, Luca, Maria, Lorenzo e Andrea.