Un viaggio tra leggende popolari, studi speleologici e approfondimenti sulla seconda cavità più profonda della Puglia
Introduzione
La Grava di Campolato, situata nel cuore del Gargano, rappresenta uno dei luoghi più suggestivi e misteriosi della Puglia.
Questo inghiottitoio, noto anche come Grava di Pantanello, si estende tra San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo e affascina sia per le sue peculiarità geologiche che per le leggende che lo circondano.
La cavità, che si estende per oltre 1100 metri di percorso, è stata al centro di studi e esplorazioni speleologiche sin dagli anni ’50, offrendo una preziosa occasione per approfondire il mondo sotterraneo del Gargano.
Il racconto popolare e la tradizione locale
Secondo il folklore delle comunità locali, la zona intorno alla Grava di Campolato è teatro di antiche narrazioni in cui le forze celesti e quelle oscure si confrontano.
Le leggende narrano di una sfida tra San Michele e Satana, ambientata nei pressi di San Marco in Lamis, in una cornice che include il celebre Ponte delle Grazie.
In questa versione, l’Arcangelo avrebbe vinto la corsa verso la vetta di Monte Sant’Angelo, lasciando Satana a precipitare nella voragine, dove ancora oggi la presenza maligna viene ricordata.
Queste storie, diffuse anche in altre zone del Gargano come San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo, contribuiscono a conferire al luogo un alone di mistero e tradizione, arricchendo il patrimonio culturale della regione.
Aspetti geologici e speleologici
La Grava di Campolato è un esempio significativo di inghiottitoio, un elemento del paesaggio carsico destinato al drenaggio delle acque meteoriche raccolte in una depressione.
Le formazioni geologiche che caratterizzano la zona, come le doline e i polje, testimoniano il lento processo erosivo che ha modellato il territorio nel corso dei secoli.
Misurata per 312 metri di profondità, la cavità rappresenta la seconda grotta più profonda della Puglia, dopo la Grotta Rotolo.
I percorsi al suo interno presentano una complessità dovuta a pozzi, gallerie e canyon naturali, rendendo la Grava di Campolato un soggetto di studio prezioso per la speleologia e la geologia della regione.
Storia delle esplorazioni
Il primo studio documentato della conca carsica di Campolato risale al 1950, quando il professor Baldacci condusse un’analisi approfondita dell’area.
Negli anni successivi, altri studiosi, come il Pasa e l’ingegner Giulio Cappa, ampliarono le conoscenze sull’inghiottitoio, definendone i tratti principali e indicando possibili itinerari di esplorazione.
Nel dicembre del 1960, il Gruppo Speleologico Piemontese CAI UGET di Torino effettuò la prima discesa completa della cavità, raggiungendo il fondo attraverso un percorso articolato che inizia con un pozzo profondo 96 metri e si snoda attraverso una serie di ambienti naturali, tra caverne, vasche d’acqua e passaggi stretti.
Le esplorazioni successive hanno permesso di dettagliare ulteriormente la conformazione del sistema ipogeo, confermando l’importanza della Grava di Campolato nell’ambito della ricerca speleologica italiana.
Condizioni ambientali e sicurezza
Le acque meteoriche hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio idrologico della cavità, alimentando un corso d’acqua che in condizioni di secca risulta limitato alla parte più profonda del sistema.
Durante eventi di precipitazioni eccezionali, il flusso d’acqua può intensificarsi notevolmente, causando forti correnti all’interno dei passaggi.
Nel 1981, un sopralluogo effettuato dopo un nubifragio ha evidenziato i danni causati dalla piena del torrente sotterraneo, segnando l’importanza di monitorare attentamente le previsioni meteorologiche prima di intraprendere l’esplorazione della cavità.
Le autorità e gli esperti raccomandano di prestare la massima attenzione alle condizioni ambientali e di adottare tutte le precauzioni necessarie per garantire la sicurezza degli escursionisti e degli speleologi.
Implicazioni culturali e prospettive future
La Grava di Campolato, oltre a rappresentare un importante oggetto di studio per la comunità scientifica, ha contribuito a mantenere vive tradizioni e racconti popolari che alimentano l’interesse verso il patrimonio sotterraneo del Gargano.
L’intersezione tra scienza e folklore offre spunti di riflessione sul rapporto tra il territorio e le sue leggende, incoraggiando un approccio che unisca il rigore delle indagini speleologiche alla valorizzazione della cultura locale.
Le future esplorazioni potrebbero arricchire ulteriormente il quadro conoscitivo, promuovendo una maggiore consapevolezza del patrimonio naturale e storico della Puglia.
Conclusioni
La Grava di Campolato si configura come un elemento distintivo del paesaggio del Gargano, in grado di unire aspetti geologici, storici e folkloristici in un percorso di scoperta profondo e articolato.
L’interesse per questo inghiottitoio, alimentato da studi scientifici e narrazioni popolari, testimonia l’importanza di preservare e approfondire il patrimonio speleologico della regione, offrendo uno spaccato unico sul connubio tra natura e cultura.
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