“Soffia!”
Come novelli balenieri usciti da un romanzo di Melville anche gli speleologi usano questa esclamazione quando si trovano davanti ad un nuovo ingresso. Il soffio delle grotte è diventato oggi un fenomeno quasi scontato, un segno certo che la grotta va avanti da qualche parte dentro ad una montagna. Pochissimi, però, si sono chiesti “perché” e “come” una grotta soffi, e hanno avuto l’ardire di addentrarsi nei dettagli di questo affascinante, e per nulla banale, fenomeno geofisico.

Suono grotte Badino
Grafici degli studi sulle frequenze dell'aria del Corchia

di Roberto Chignola:
Come novelli balenieri usciti da un romanzo di Melville anche gli speleologi usano questa esclamazione quando si trovano davanti ad un nuovo ingresso. Il soffio delle grotte è diventato oggi un fenomeno quasi scontato, un segno certo che la grotta va avanti da qualche parte dentro ad una montagna. Pochissimi, però, si sono chiesti “perché” e “come” una grotta soffi, e hanno avuto l’ardire di addentrarsi nei dettagli di questo affascinante, e per nulla banale, fenomeno geofisico.
Le grandi grotte – quelle profonde, vaste e con più ingressi – non si limitano a soffiare. In alcune stagioni certi ingressi aspirano, in altre soffiano. Sappiamo che l’inversione della circolazione dell’aria è legata su scala stagionale alla differenza di temperatura che essa ha quando sta fuori o dentro una montagna. Ma cosa osserveremmo se ci sedessimo davanti ad un ingresso per qualche giorno? Questo è ciò che si chiese Giovanni Badino diversi anni fa quando, per diversi giorni, decise di installare degli strumenti di misura appena al di là di due ingressi ben noti dell’Antro del Corchia, gli ingressi Eolo e Serpente. Giovanni non scelse a caso queste due entrate. Le scelse perché sapeva, come tutti noi, che i due ingressi sono connessi allo stesso sistema sotterraneo e sono relativamente vicini, ma non troppo, tra loro. I venti che passano da questi due ingressi avrebbero avuto delle caratteristiche comuni? In caso affermativo, sarebbe stato possibile comprendere l’origine di queste similitudini?

Sin dai tempi di Galileo, il termine “comprendere” per un fisico ha un significato particolare. Significa capire gli aspetti quantitativi di un fenomeno fino a poterli tradurre nel linguaggio universale della matematica. Solo così è possibile catturare ogni minimo dettaglio di un fenomeno ed eventualmente utilizzare questa conoscenza per fare previsioni. Il fisico e speleologo Giovanni interrogò i venti del Corchia e questi gli risposero. Ma come spesso capita agli scienziati quando interrogano la Natura anche in questo caso la risposta risultò incomprensibile per molto tempo. Ci sono voluti anni e l’articolo pubblicato da poco sulla rivista internazionale Frontiers in Earth Science racconta proprio che cosa i venti di grotta dissero a Giovanni durante quella campagna solitaria di misure.

È soprattutto la pressione atmosferica a muovere i venti di un complesso carsico sulla scala temporale dei minuti e dei giorni. Le oscillazioni della pressione atmosferica esterna si propagano dentro alla montagna come se la grotta fosse un enorme strumento musicale a fiato. Quando ascoltiamo il Corchia ai due ingressi Eolo e Serpente sentiamo la stessa musica fatta di infrasuoni (suoni non percepibli dall’orecchio umano). I due ingressi suonano la stessa musica perché sono collegati in modo diretto allo stesso strumento, ma non è ovvio né banale estrarre le note di questa melodia. Ora però conosciamo queste note, almeno quelle fondamentali, e queste ci permettono di fare previsioni. Così come è possibile stimare il volume di una damigiana dal suono che fa quando la stappiamo o ci soffiamo dentro è ora possibile stimare il volume del Corchia. Si tratta di una stima, e dunque di un calcolo passibile di errore, ma il risultato è stupefacente: più del 60% del volume del Corchia non sarebbe ancora stato esplorato.

L’Antro del Corchia canta ogni giorno una melodia profonda. Giovanni era legato al Corchia da un rapporto quasi intimo, una relazione nata durante le sue famose esplorazioni degli anni ’80 che hanno segnato la storia della speleologia Italiana. È bello pensare che il Corchia lo abbia salutato svelandogli la sua musica.

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