Una ricerca dell’Università dell’Iowa Settentrionale esplora le grotte americane per comprendere come la vita possa esistere in ambienti estremi, simili a quelli di Europa, la luna di Giove.
Nel cuore delle grotte americane, un team guidato dal professor Joshua Sebree, professore di chimica e biochimica presso l’Università dell’Iowa Settentrionale, sta studiando minerali che “brillano” se esposti alla luce ultravioletta.

Ne parla un comunicato stampa ufficiale del 25/3/2025 dell’ACS (American Chemical Society), dal titolo “Fluorescent caves could explain how life persists in extraterrestrial environments”: qui, Sebree e il suo team descrivono come l’analisi di minerali fluorescenti in molte grotte, come la Wind Cave nel South Dakota e la Mystery Cave del Minnesota, possa offrire indicazioni su come la vita potrebbe esistere in ambienti estremi simili a quelli di corpi celesti come Europa, la luna ghiacciata di Giove.
Utilizzando spettrometri portatili, i ricercatori raccolgono dati, avendo cura di non danneggiare le delicate strutture delle grotte. La metodologia, non invasiva, consente di identificare la composizione chimica delle rocce, rivelando la presenza di “fossili chimici”, che testimoniano antiche interazioni tra acqua e minerali.
Il progetto coinvolge anche studenti universitari in ricerche innovative: dalla creazione di un database pubblico delle firme spettrali dei minerali, allo sviluppo di spettrometri autonomi per future missioni spaziali, fino allo studio di sistemi biometrici per garantire la sicurezza degli esploratori in ambienti ostili.
Impronte minerali e antichi indizi
Sebree e i suoi studenti hanno esplorato grotte in tutti gli Stati Uniti, tra cui la Wind Cave del South Dakota e la Mystery Cave del Minnesota, mappandone i passaggi tortuosi e le formazioni nascoste.
Durante il lavoro, i ricercatori hanno anche scansionato le pareti della grotta con luce ultravioletta, scoprendo brillanti manifestazioni di fluorescenza create da impurità minerali incorporate nella roccia nel corso di migliaia di anni.

Le macchie luminose spesso segnano i punti in cui l’acqua scorreva o si raccoglieva, lasciando tracce chimiche: quello che sotto la luce normale sembra un normale muro di pietra, sotto i raggi UV si trasforma.
In un articolo pubblicato su Earth.com, Sebree riporta: “Le pareti sembravano completamente vuote e prive di qualsiasi elemento interessante, ma poi, quando abbiamo acceso le luci nere, quello che era un semplice muro marrone si è trasformato in un luminoso strato di minerali fluorescenti che indicavano il punto in cui si trovava una pozza d’acqua 10.000 o 20.000 anni fa”.
La ricerca, presentata al convegno primaverile della American Chemical Society nel marzo 2025, è finanziata dalla NASA e dallo Iowa Space Grant Consortium.
Fonti: American Chemical Society / Newswise, marzo 2025 https://www.newswise.com/articles/fluorescent-caves-could-explain-how-life-persists-in-extraterrestrial-environments?fbclid=IwY2xjawKZextleHRuA2FlbQIxMABicmlkETFjeW5nWEJHalNDRlVneUlYAR4iO8vDuEpHwsiF2LrEDzNOyZnKghx5wbxemrmK4wTH6JrAB5C_ynJSZQAfwg_aem_W9dMjl-j0pM5tnsz6jMN6A